Per Chi Ascolta: Bonfire, Accept, Fair
Warning, Pretty Maids, UDO, VENGEANCE
Gli olandesi Vengeance sono annoverati
fra i veterani dell'hard rock/heavy metal europeo, essendo in
circolazione dal 1984 e avendo da allora pubblicato undici albums, i
primi quattro dei quali (sino all'ottimo "Arabia" del 1989)
con Arjen Lucassen alla chitarra. A dispetto della caparbietà,
questa band non è mai riuscita ad ottenere l'attenzione ed i
riconoscimenti meritati, ma questo "POC" potrebbe dopo
tanti anni ribaltare le sorti, grazie anche all'innesto del
ventunenne chitarrista Timo Somers, figlio di Jan (membro della band)
scomparso per un infarto nel 2011, che conferisce al tradizionale
suono dei Vengeance una ventata di sana contemporaneità, oltre a
dimostrarsi un bravissimo esecutore.
Il disco parte subito a razzo con
"World Arena", puro heavy metal europeo sublimato dalla
ruvida ed aspra ugola dell'originale singer Leon Goewie che domina un
brano monolitico e trascinante, caratterizzato da un refrain
anthemico. "Tears From The Moon" rallenta il passo e
discrete tastiere conferiscono profondità ad un brano dai toni
drammatici di qualità ben superiore alla miriade di canzoni
assimilabili nella stessa categoria, un momento che mi ha ricordato i
Lion di Kal Swan nel loro momento migliore. "Raintime"
accelera nuovamente il ritmo ed offre godibilissimi frammenti heavy
rock melodico su un impianto sonoro distruttivo che mostra il fianco
per uno strabordante assolo di Timo, mentre "Sandman" è un
malvagio mid-tempo che evoca la magia dei primi Dio con uno screamer
over-the-top quale si dimostra Leon e l'ennesimo assolo devastante di
chitarra, ma tutto sommato non è fra i momenti migliori.
"Back To Square One" mostra
il lato più soft e sofferto dei Vengeance con una profonda anima
blues che avrebbe fatto felice Gary Moore e Timo deve sentirsi
orgoglioso di come ha trattato le sue parti chitarristiche. Si sente
che anche Leon, pur non rinunciando a straziate urla che possono
ricordare il primo Ian Gillan (sono comunque diversissimi, ok?), ha
fatto proprio il mood del brano e ne è partecipe al 100%.
"Headquake" riprende toni melodic heavy rock che mi hanno
riportato alla mente di Bow Wow di "Beat Of Metal Motion",
ma non riesco ad entrare in sintonia con la sequenza
strofa-ritornello che mi risulta poco convincente. A dispetto del
titolo, "Train" procede piuttosto pacata e l'unica sua
parte che mi ha convinto è (tanto per cambiare) il bruciante assolo
di chitarra, ma la qualità si risolleva notevolmente con la groovy
"Mirrors" dal piglio più modern metal, mentre la
title-track è più accattivante e ruffiana, svolgendo a sufficienza
il proprio compito di intrattenere con un sorriso.
Le ultime note spettano agli oltre sei
minuti di "Goodbye Mother Sky", brano dall'intenso sapore
epico che cresce col passare dei minuti, richiamando al proprio
interno anche echi dei Led Zeppelin.
Molto ben prodotto da Michael Voss (Mad
Max, Casanova), i Vengeance festeggiano il 30° anniversario di
attività con un disco di buon livello medio, un indomito Leon al
microfono, una solida e rocciosa sezione ritmica formata da Barend
Courbois (bs - Blind Guardian, Biss, Michael Lee Firkins, Ian Parry,
Casanova, etc) e Hans in 't Zand (bt - Mad Max, Steve Fister,
Bangalore Choir, Vengeance, Chinawhite, Parris, Cooper Inc., etc),
oltre alla rivelazione (per me) Timo Somers.
ABe
Massima Allerta: World Arena, Tears
From The Moon, Goodbye Mother Sky e Back To Square One
Pelo Nell'Uovo: Train, Sandman e
Headquake sotto tono
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